Wajir, desertico nord-est del Kenya – Ecco Gedow, uno dei figli di Annalena e Maria Teresa, seduto accanto ad un alunno della classe in cui è maestro. Cieco l’insegnante e ciechi quei diciassette bambini ai quali, uno alla volta, deve prendere le mani e condurne le dita nella lettura del braille.
Nel 1971, Gedow, abbandonato dai genitori, fu accolto da queste donne la cui maternità possedeva la straordinaria capacità di generare umanità. Un’eco destinata a non spegnersi, ma a risuonare attraverso le generazioni.
Alcune cose colpiscono osservando la foto, sembra il compimento raccontato da Exupéry di quel: “Non si vede bene che con il cuore…l’essenziale è invisibile agli occhi”, qui infatti emerge la vera forza dell’educazione, quella che “conduce fuori” il cuore, la mente, l’essere al buio, verso la luce della conoscenza, quella luce che permette all’umanità di fiorire in comprensione reciproca, fraternità, desiderio di pace.
“Dopo che li abbiamo sfamati cosa abbiamo fatto?”, si chiedeva Annalena, dandone però subito anche la risposta, “Solo se liberiamo la mente, solo se COLTIVIAMO IL CUORE, noi sfamiamo…e vestiamo”.
Questo del “coltivare il cuore”, anche nel nostro mondo, si può fare concretamente solo uno alla volta. Annalena, Maria Teresa, Pina, Anna Maria e tanti amici del Comitato ce lo hanno provato a raccontare, spiegare…ma lo hanno soprattutto dimostrato attraverso l’attenzione e la cura al singolo. E’ un processo creativo che genera umanità.
L’essere presenti, tendere la mano, è probabilmente una delle cure che possiamo infondere a questo mondo ogni giorno. Solo che lo vogliamo.
Andrea Saletti